Bobby Rush headeliner al Porretta Soul Festival 2023

Bobby Rush, leggenda del blues vincitore del GRAMMY 2017 e 2021, Blues Hall of Famer, vincitore di oltre 12 Blues Music Award, B.B. King Entertainer of the Year, raccontato egregiamente nella docu-serie “The Blues” di Martin Scorsese e fa un cameo nell’originale Netflix “Dolemite Is My Name” con Eddie Murphy.

Dopo decenni passati a distruggere il circuito di chitlin ogni notte con i suoi funkfest sudati e senza esclusione di colpi, Bobby ha sfondato completamente il mainstream. Ha vinto un Grammy 2017 atteso da tempo per il suo spettacolare album “Porcupine Meat” e “Rawer Than Raw” nel 2021.Gira costantemente il mondo come headliner. Alla soglia dei 90 anni (è nato nel 1933) anche se il suo livello di energia stratosferico smentisce il calendario, è più grande, più cattivo e più audace che mai.

La città di Porretta Terme, dove si è esibito nel 2013 e 2016 gli ha dedicato un gigantesco murale.

I nostri due autorevoli fiancheggiatori Edoardo Fassio e Luciano Federighi lo descrivono così:

“Autentica leggenda della black music da più di mezzo secolo, Bobby Rush racchiude nel suo stile elementi di soul, blues rurale, pop “nero”, soap opera, rock e disco. Si chiama folk-funk, un genere di cui è l’unico interprete al mondo. Unendo a una gagliarda presenza scenica la vocalità ipnotica e insinuante, un talento compositivo decisamente “roots” e un esperto uso della chitarra elettrica e dell’armonica, Rush deve un po’ al malavitoso di periferia, un po’ al cantastorie di campagna o addirittura al bandido da spaghetti western. E completa i suoi show gloriosi circondandosi di una fila di coriste e ballerine compiacenti, fascinose e di taglia abbondante, quanto basta per mettere in imbarazzo gli organizzatori dei festival europei (solo il Porretta Soul Festival ha preteso la versione integrale) e riempire i locali del divertimento per l’America nera.”
Edoardo “Catfish” Fassio

“Bobby Rush: il creativo cantastorie del folk-funk sudista. Dotato di un baritono ferrigno e risonante, dalle frasi brevi e feroci, dalle pennellate acri e dal respiro ritmico tutto colloquiale, Rush crea degli straordinari monologhi drammatici (cuciti su tappeti funky, su marcati riff di chitarra, su melodie variamente riciclate) sintetizzando crudezze e invenzioni della lingua quotidiana nera, le sue immagini e i suoi aforismi, e saccheggiando senza pudore anche i testi standard del blues, da Louis Jordan a Howlin’ Wolf. Maestro, sul palcoscenico, di sceneggiate che coinvolgono le sue discinte e carnose coriste, Bobby diventa via via lo spaccone erotico di “Buttermilk Kid” (attraverso un’abile trama di metafore alimentari), il raconteur in prima persona delle piccanti vicende di “Sue” e di “Bertha Jean”, l’ideologo dei rapporti tra i sessi in “Wearing It Out”, il censore della malvagità umana in “Evil”: il tutto con un suo ghignante e coinvolgente umorismo.”
Luciano Federighi

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Soul Festival
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